Se nello scorso appuntamento ho parlato del “familiare”, oggi tratterò il tema opposto: il tabù nella scrittura creativa.
Il lato oscuro dei libri: il tabù nella scrittura creativa
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Cosa significa parlare dei “tabù”? Le risposte possono essere molte: una è, per esempio, scrivere di ciò che ti perseguita, ovvero mettere su carta storie, immagini e fatti della vita che ti tormentano a livello profondo. È spaventoso, certo, eppure un grande beneficio di questa pratica è che induce ad affrontare le angosce con forza. Il secondo pro è, invece, letterario: potresti ritrovarti a scrivere qualcosa di speciale, diverso dai soliti temi mainstream.
Non devi trattare solo ciò che è dentro di te, bensì anche guardare al passato della tua famiglia o alla vita di un antenato. Potrebbe saltar fuori una storia che non è stata – o non poteva – essere raccontata: ecco del buon materiale per un nuovo racconto.
La tua oscurità ha un pubblico
La tua oscurità – le parti di te stesso e della tua mente che potresti considerare volgari, sinistre, tragiche o strane – ha un pubblico. Le persone hanno comunemente pensieri inquietanti, anche se la maggior parte non ha alcuno sbocco.
Scrivere dell’oscurità, sia essa la tua o qualcosa che hai fabbricato, può raccogliere un pubblico sorprendente che trova il tuo lavoro liberatorio. Il primo libro di memorie sull’alcolismo di Mary Karr, “Il club dei bugiardi“, fu un bestseller del New York Times perché andò a colpire un nervo scoperto delle donne.
L’alcolismo nelle giovani era un argomento abbastanza nuovo da affrontare in letteratura o in qualsiasi sfera pubblica, la gente era pronta e aspettava che uno scrittore lo esplorasse. In più, il libro era foriero del rinnovato apprezzamento per le memorie della letteratura americana.

Scrivere il familiare
Condividere le proprie esperienze
Libri come “Un’oscurità trasparente” di William Styron – un memoriale della sua discesa nella depressione – e “The Widower’s Notebook” di Jonathan Santlofer – una cronaca sulla perdita della moglie – hanno trovato l’apprezzamento di lettori che si sono sentiti coinvolti nella tragedia e nell’oscurità degli autori.
Perché? Perché noi umani siamo spesso ansiosi di condividere i nostri momenti bui, di sentirci capiti, di guardare come qualcun altro prima di noi abbia attraversato le stesse esperienze.
Un illustre esempio di tabù nella scrittura creativa
Nel suo romanzo “Il ritratto di Dorian Gray“, Oscar Wilde scrive di omosessualità e bellezza maschile con un’abile prosa. Nella Londra del XIX secolo, dove Wilde visse e scrisse, l’amore tra lo stesso sesso era illegale, a volte anche penalizzato con la morte. Sebbene in questo romanzo l’autore scriva della propria repressione sessuale, la natura sovversiva del linguaggio usato per offuscare un argomento proibito è parte di ciò che rende il libro potente. Sarebbe potuto essere Il ritratto di Dorian Gray così importante nella storia della letteratura se l’omosessualità fosse accettata e normalizzata all’epoca?

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Lolita di Nabokov
Un altro esempio di scrittura tabù è “Lolita” di Vladimir Nabokov, nel quale l’autore affronta la spaventosa relazione paternale-sessuale del protagonista con una ragazza giovanissima. Sconvolgente e pieno di tabù, non poteva non diventare un successo.
D’altro canto, come dice la grandissima Azar Nafisi nel bellissimo “Leggere Lolita a Teheran” (che consiglio a tutti!)
Esordii dichiarandomi assolutamente d’accordo con Nabokov, quando sostiene che ogni grande romanzo è in realtà una fiaba. Le fiabe, spiegai, sono piene di streghe terrificanti che mangiano i bambini, di matrigne cattive che avvelenano le belle figliastre e di padri vigliacchi che abbandonano i figli nella foresta. Ma l’aura magica nasce dalla forza del bene: è questa a ricordarci che non dobbiamo cedere agli obblighi e alle restrizioni imposti da McFatum, come lo chiama Nabokov.
Ogni fiaba offre la possibilità di trascendere i limiti del presente e dunque, in un certo senso, ci permette certe libertà che la vita ci nega. Tutte le grandi opere di narrativa, per quanto cupa sia la realtà che descrivono, hanno in sé il nocciolo di una rivolta, l’affermazione della vita contro la sua stessa precarietà.
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